IX Puntata

Ebbene, esistono oggi associazioni e movimenti di persone che hanno una caratteristica eversiva di incredibile portata: sono portatori di interessi non individuali, non categoriali, ma politici, perché sono interessi sovra-individuali, trasversali rispetto alle classi e alle categorie  a cui i membri appartengono.

Realtà associative come Greenpeace, come Amnesty International, come il WWF, o movimenti di massa come quello No Global, convogliano oggi le persone verso la definizione di interessi, esigenze e obiettivi comuni che tuttavia non sono egoistici o categoriali, ma politici nel senso che, potremmo dire, sono di lungo periodo.

Chi milita in questi movimenti non vuole il miglioramento della sua vita individuale, ma il miglioramento della società tutta, perché sa che questo contiene ed include anche quello individuale. Questa condizione è della massima importanza per lo sviluppo della democrazia.

Se è vero che il problema della democrazia è quello di mediare gli interessi, abbiamo oggi realtà associative che lo fanno «automaticamente», per volontà individuale dei loro membri. E queste realtà associative hanno contestualmente anche la capacità di far comparire nell’arena politica nuovi interessi (basti pensare alle associazioni dei gay, a quelle ambientaliste, a quelle pro-eutanasia ecc.). 

È incredibile quanto sia stato trascurata sin qui l’importanza storica del fenomeno della crescita della militanza associativa, che invece è il più grande fenomeno sociale di questi tempi. Dal punto di vista numerico, le associazioni convogliano il 10-20% della popolazione in ogni stato sviluppato, a differenza di un esiguo 1-2% che riguarda la militanza di partito. Ma non è solo in termini numerici che si determina il significato di questo fenomeno: è piuttosto la costituzione stessa del meccanismo associativo, e la sua capacità di aggregazione intorno a piccoli o grandi temi di valore trasversale, a essere sorprendente.

Questi temi sono proprio quei temi che rappresentano le esigenze non individuali ed egoistiche, ma politiche e razionali, dei cittadini. L’appoggio e il consenso che queste associazioni ricevono anche da persone che non ne fanno parte, e l’influenza che alcune di esse sono riuscite ad avere anche sotto il profilo propriamente politico, dimostrano non solo che il ruolo di queste associazioni è in crescita, ma che la direzione di questa crescita è proprio nell’ottica dell’acquisizione di un ruolo politico. 

Esse sono oggi ciò che i partiti erano allora: grandi meccanismi di aggregazione di esigenze e interessi, con la importante, rivoluzionaria differenza che queste esigenze sono di per sé politiche e non individuali, perché puntano all’intervento sulla società tutta, e non sul miglioramento delle condizioni di una singola categoria. I partiti sono oggi completamente scavalcati su questo, al punto che non resta loro che cercare di cavalcare l’onda seguendo l’ispirazione e la posizione delle associazioni, con le quali però rifiutano tuttavia di dialogare costruttivamente e strutturalmente, per farne quadro e riferimento del loro orientamento politico.

È incredibile come sia poco ancora diffusa la comprensione del fatto che la vera politica è da molto tempo nelle mani dell’universo associativo: non solo per la grande capacità di iniziativa, che arriva a raggiungere risultati di portata internazionale nonostante non esistano ancora luoghi istituzionali di riconoscimento del contributo di questo universo, ma soprattutto per i contenuti di cui questo universo è portatore. Contenuti che rappresentano il risultato di una spontanea razionalizzazione degli interessi, nel senso che all’interno di queste associazioni avviene che i rappresentanti di categorie professionali diverse, i militanti di partiti diversi, i sostenitori di bandiere diverse, trovino il comune denominatore intorno a temi di dimensione collettiva, trasversale e sovra-individuale (quindi politica nel senso più proprio) e attraverso questo comune denominatore costituiscano un’organizzazione, un mandato, una missione, una visione. Questa è la vera politica della democrazia del futuro.

Naturalmente si richiede che questa visione politica trovi la sua via di espressione a livello istituzionale. Ancora oggi, è a livello sociale e talora politico che la realtà associativa riesce a esprimersi, ma nulla ancora riesce a contare nelle sedi istituzionali, occupate ingombrantemente dai partiti-pachiderma.

I partiti sono impreparati a lasciare il passo ai movimenti associativi, così come questi sono impreparati, oggi, ad assumersi la responsabilità politica che compete loro. I primi sono impreparati perché chiusi nella loro gretta visione consociativa, i secondi perché nascono e trovano forza proprio dal rifiuto sprezzante della politica, che essi vedono come quella cosa che i partiti fanno.

E’ necessario soltanto che queste realtà trovino il coraggio di offrirsi all’esterno, rimanendo portatrici dei loro valori. Naturalmente, esse non avrebbero da dire molto sui temi politici diversi da quelli intorno a cui si concentra il loro mandato, e questa è la prima difficoltà. Ma è una difficoltà superabile, perché sarebbero gli elettori, con i loro voti, a scegliere quali sono i temi politici più importanti e sentiti (la difesa degli animali o i diritti umani, ad esempio) mentre per il resto l’apporto delle idee altrui in sede parlamentare consentirebbe a ogni associazione di condividere o rifiutare l’idea e il contributo portato da altri. Si otterrebbe così in Parlamento, nella sua sede naturale, quella mediazione di interessi che è la politica: ma gli interessi sarebbero già politici prima ancora di entrare in Parlamento, e la mediazione raggiungerebbe allora un livello più alto: l’esatto opposto del pericolo populista che abbiamo paventato nelle puntate precedenti.

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